L’ambiente virtuale è composto da tutti quegli spazi digitali quali siti aziendali (interni ed esterni), blog, strumenti di chat, piattaforme di gestione del lavoro e affini che devono essere messi al servizio delle persone per gestire la componente più critica del lavoro distribuito: il cambiamento del paradigma comunicativo. Rispetto al lavoro tradizionale si passa da una comunicazione prevalentemente orale e sincrona (riunioni in presenza, scambi alla macchinetta del caffè, discussioni alla lavagna) a una comunicazione più scritta e asincrona.

Nel contesto remoto vige una regola mai detta abbastanza: se non è scritto non esiste. Le informazioni, decisioni e linee guida devono essere documentate in modo accessibile a tutti, dato che non ci si può affidare alle conversazioni casuali in corridoio. GitLab, azienda fully-remote, è diventata maestra in questo. Ha costruito una cultura “handbook-first” (https://www.mckinsey.com/capabilities/people-and-organizational-performance/our-insights/all-remote-from-day-one-how-gitlab-thrives), mantenendo un manuale interno di oltre 2700 pagine disponibile pubblicamente, che funge da single source of truth per processi, policy e know-how. “Lavorare da remoto è facile; la sfida è lavorare in modo asincrono”, spiega il CEO di GitLab Sid Sijbrandij, sottolineando come sia cruciale un sistema in cui “ognuno possa consumare informazioni e contribuire indipendentemente da livello, funzione o posizione”.

In GitLab ogni modifica a processi o decisioni viene prima documentata sul handbook e tutte le comunicazioni ufficiali includono un link a quella pagina. Ciò permette ai dipendenti di trovare quasi ogni risposta senza dover “toccare qualcuno sulla spalla” di persona. Questa enfasi sulla documentazione dettagliata e aggiornata riduce le ambiguità, rende il lavoro trasparente e soprattutto abilita la collaborazione differita (ognuno può informarsi e intervenire secondo il proprio orario).

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